Nei giorni scorsi si è scatenato un putiferio per il fatto che l'Autorità Portuale ha dovuto inibire l'accesso al Molo di Levante, con una motivazione di quelle che non ammettono deroghe: questioni di sicurezza.
E che da questo punto di vista il porto di Catania, con tutti quei container stipati ad ogni angolo, strade dissestate e mancanza di recinzioni, sia un esempio di tutto quanto non dovrebbe essere uno scalo marittimo, ormai è storia ultratrentennale di questa città assurda.
Del resto, questa in mezzo alle altre.
La notizia è che, alla estemporanea sollevazione di qualche affezionato con tanto di sit-in, l'Autorità Portuale ha risposto da un lato spiegando, per quanto ovvio e noto, che il porto di Catania, per legge, non è un parco divertimenti o una passeggiata a mare ma un porto commerciale con regole rigidissime, dall'altro ha mostrato qualche disponibilità provando a garantire un minimo di sicurezza con l'installazione di alcuni new jersey.
Scrivono infatti in un comunicato: "Si sta lavorando alacremente per la posa dei new jersey che proteggeranno il lato mare del molo, per consentire nuovamente la fruizione dell’area.
Il Presidente Di Sarcina afferma: “Come promesso recentemente alla città, e grazie allo sforzo compiuto dagli uffici dell'Ente, abbiamo iniziato le attività che porteranno a riaprire, speriamo nel più breve tempo possibile, il Molo di Levante. La sicurezza all’interno del porto è argomento di primaria importanza e le attività che stiamo ponendo in essere sono in linea con tale obiettivo irrinunciabile. Tenendo comunque conto della destinazione commerciale del porto di Catania, cercheremo di coniugare sempre di più in futuro le esigenze lavorative degli operatori con quelle dei cittadini che desiderano trascorrere momenti di libertà all’interno di un luogo a loro caro”.
Tuttavia non è corretto nè ragionevole affidarsi ogni volta alle volontà più o meno illuminate delle governance pro-tempore, arrivando a pretendere da loro cose che non possono fare perché ad impedirlo sono norme antistoriche e spesso ottuse: bisogna cambiare le regole, senza perdere decenni.
Se quindi è gradevole registrare un'apertura da parte dei vertici portuali, non si può non considerare che il porto di Catania è, come detto per legge, un porto commerciale e deve garantirne i servizi alle varie aziende utenti, che per tanti motivi non sono conciliabili con le romantiche aspettative di catanesi e turisti che lo vorrrebbero più fruibile ed aperto.
La particolarità del porto di Catania, per la sua collocazione praticamente nel pieno centro cittadino, meriterebbe una sua riqualificazione, anche normativa, togliendo dall'imbarazzo una governance che in questo modo ha le mani legate e deve assumere responsabilità personali spropositate per accontentare chi lo vuole aperto: finché infatti andrà tutto bene pronti a far festa, ma semmai dovesse succedere un qualche incidente si farà presto a dimenticare le pressioni fatte ed i prezzi sarebbero altissimi.
Occorre quindi, come sempre ed in ogni cosa, procedere con buon senso e ragionevolezza, senza pretendere salti nel vuoto, magari provando a mettere al lavoro qualcuno meno inutile e meno scarso tra i parlamentari del territorio, che salvo pochissimi non si capisce che cosa si sono fatti eleggere a fare, a parte che per farsi i fatti loro: li aspettiamo tutti alla prossima tornata elettorale.
In un guizzo di esistenza in vita qualcuno di questi, tra Camera e Senato, potrebbe provare a mettere mano, in sede legislativa, alla normativa sui porti e prevedere uno status particolare per quello etneo che, ad esempio, regolamenti separatamente le parti da destinare alla fruizione pubblica da quelle, che devono rimanere rigorosissime, dedicate alle attività più strettamente commerciali, possibilità già previste tra le prerogative dell'Autorità Portuale ma che abbisognano di essere snellite, soprattutto nei rapporti con le altre istituzioni locali che spesso non collaborano.
Il resto sono solo chiacchiere e confusione, inutili e pericolose: come al solito.
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