
La settimana scorsa si è conclusa con le redazioni di tutte le testate invase dagli esiti dell'intervista che il presidente dell'Assemblea Regionale Siciliana Gianfranco Micciché ha rilasciato al quotidiano nazionale La Stampa.
Toni e contenuti sono da capolavoro e probabilmente hanno raggiunto l'obiettivo desiderato: il non ritorno.
Tuttavia, le redazioni si sono concentrate SULLE parti più esagerate, veri e propri insulti di quelli che segnano in maniera definitiva qualsiasi rapporto, personale o politico che sia.
Però, quello che probabilmente meriterà un chiarimento, magari non in sede giornalistica nè politica è il caso di un "favore" di natura imprecisata che avrebbe causato un cambio di casacca che potrebbe sottendere interventi forse illeciti, magari di scambio politico-elettorale...
Passo indietro: nell'intervista Micciché ricorda come l'accordo sul nome di Musumeci nel 2017 si raggiunse sulla sua promessa che non si sarebbe ricandidato, cosa evidentemente non mantenuta.
Poi la "valutazione" sul comportamento di Musumeci: "Cinque anni a rompere la minchia. Ha trasformato i nostri assessori in ascari, a me ne ha tolti tre su quattro.". Sintesi perfetta per chiarire il contesto.
E ancora "analisi comportamentale": "Musumeci odia partiti, parlamento, stampa", ricordando quando apostrofò in aula il deputato catanese Luca Sammartino, oggi leader siciliano della Lega di Matteo Salvini, auspicando che di lui si occupassero "ben altri palazzi", riferendosi chiaramente ai guai giudiziari ancora in corso di quello che oggi è un esponente di punta di quel centrodestra che dovrebbe ricandidarlo.
Poi la bomba che ha scatenato il putiferio: "Musumeci è pur sempre un fascista catanese", estendendo l'epiteto al proconsole di Fratelli d'Italia Ignazio La Russa, "fascista siciliano", ed alla loro dante causa Giorgia Meloni "fascista qual è".
Insomma, un putiferio.
Ma l'appunto più insidioso arriva subito alla terza domanda cui Micciché risponde citando un anedotto inquietante definendolo "episodio esemplare": "Un nostro ocnsigliere comunale chiede un favore per la moglie. Il direttore della Regione mi dice: non è possibile. Dopo dieci giorni il favore viene fatto e il consigliere passa con Musumeci."
Anche stavolta la domanda è spontanea: ma che favore era, talmente "complicato" da determinare addirittura un cambio di casacca?
La conclusione di Micciché è politica: ""Ma come: distruggi i nostri partiti e poi ci chiedi i voti?"
E invece è probabile sottende altro: MOLTO ALTRO...