Che l'Università di Catania versi in gravissime condizioni di degrado totale pare ormai non se ne accorgano solo i suoi vertici e verticini, compresi i soliti "realisti più realisti del re" che sui social continuano a difendere l'indifendibile, compresa la semina di notizie false contro chi questo "sistema" continua ad avversarlo mettendoci la faccia: ne abbiamo scritto lunedì.
La notizia di oggi, nientemeno che l'imputazione coatta dell'Avvocato Capo dell'Ateneo catanese Vincenzo Reina, parte da lontano e ce ne siamo già occupati quando il Giudice Marina Rizza respinse una prima richiesta di archiviazione delle accuse a suo carico. Sono passati quasi due anni.
La vicenda che porta adesso alla sbarra l'avvocato capo è quella più complessa che vede vittima sacrificale il ricercatore di storia Giambattista Scirè, divenuto suo malgrado simbolo nazionale di un sistema basato su baronie e tracchiggi concorsuali che qualcuno si ostina ritenere sopportabile sol perché enormemente dilagato: come se la cancrena non dovesse essere amputata da chi ne viene colpito.
Di Scirè e della vergogna di tutto quello che ha subìto, comprese le solite numerose sentenze non eseguite da UNICT, ce ne siamo occupati tante volte e recentemente è stato lo spunto da cui è partita l'inchiesta giornalistica di Riccardo Iacona su "Presa Diretta", una puntata che ha clamorosamente smascherato le bugie che persino durante l'intervista venivano spudoratamente spacciate per tentare goffamente di accreditare un cambio di metodo in realtà, come dimostrato documentalmente da Iacona, rimasto immutato e persino aggravato, un sistema tenuto in vita contro ogni ragionevolezza col solo scopo di mantenere uno status quo che continua imperterrito, a fronte dei privilegi di pochi, a devastare l'enorme patrimonio che potrebbe rappresentare per un territorio, per una comunità una Università sana ed efficiente.
L'avvocato Reina, nella sua qualità di avvocato capo di Unict, era accusato di aver adottato un provvedimento illegittimo in danno del ricercatore Scirè, come detto la procura di Catania aveva proposto una prima archiviazione ma il GIP Marina Rizza l'aveva respinta ordinando al PM Alessandra Tasciotti titolare dell'indagine l'iscrizione dello stesso Reina nel registro degli indagati per il reato di abuso d'ufficio.
Eseguita l'iscrizione ordinata, lo stesso PM aveva reiterato la richiesta di archiviazione ed il GIP Marina Rizza, con un decreto di ben 12 pagine che riesce a ben sintetizzare i vari passaggi durati un decennio, ha quindi ordinato l'imputazione coatta che porterà Reina ad un processo in cui risulterà decisivo il ruolo delle parti civili che molto probabilmente punteranno a far emergere le responsabilità che non possono ricadere sul solo Avvocato Capo, anche in considerazione di quello che tra le righe scrive lo stesso giudice Rizza che inquadra la vicenda, testualmente, "nel filone ostruzionistico percorso dall’ Ateneo in danno di quest’ultimo (Scirè, ndr), condotto a compimento proprio con la redazione della “nota” da parte del Reina, recante sotto il profilo sostanziale il definitivo rigetto dell’istanza di proroga avanzata dallo Scirè medesimo ma formalmente non impugnabile proprio — lo si ripete — per l’apparenza di “parere” artatamente precostituita."
E denuncia la Giudice "la peculiarità della situazione venutasi a creare a seguito e per effetto della pervicace inottemperanza dell’Università al decisum della sequela di pronunzie giurisdizionali aventi ad oggetto la procedura finalizzata alla proroga del contratto triennale di ricercatore a tempo indeterminato stipulato (sempre a seguito dell’intervento del Giudice Amministrativo) dallo Scirè ."
Un copione già riscontrato più volte, quasi una regola per le varie governance di UNICT che insistono a resiste con i mezzi più vari a sentenze che ne condannano l'operato.
Ma la chiave, raffinata, di tutta la vicenda sta in quel "filone ostruzionistico" paventato dalla Giudice ed evidentemente non sufficientemente indagato: perché se un "filone" c'è resta irrisolta, al momento, la domanda: chi fa parte della fila responsabile della "pervicace inottemperanza dell’Università al decisum della sequela di pronunzie giurisdizionali"?
A questo dovrà rispondere il dibattimento, sperando che le forze sane dell'Università e l'opinione pubblica possano risolvere la questione prima che arrivino le sentenze.
Magari evitando che imputati rinviati a giudizio per "Università Bandita secondo troncone" concedano gli spazi pubblici del Monastero dei Benedettini per discutere dell'utilizzo dei fondi del PNRR (SIC!) ad imputati rinviati a giudizio in "Università Bandita primo troncone": C'È QUALCHE LIMITE DI DECENZA O NO? (Ma di questo parleremo un altra volta)...
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