
Sta proprio finendo male la lunga carriera politica dell'unico pizzo che doveva piacere ai siciliani e che a quanto pare non piace proprio a nessuno e rimarrà uno degli slogan meno felici della comunicazione elettorale.
Nello Musumeci, il presidente della regione siciliana a fine mandato, si è ficcato in un cul de sac cui neanche un masochista stralunato avrebbe potuto ambire.
Non è riuscito a cogliere i segnali che da troppo tempo gli lanciava l'aula, quell'ARS cui, piaccia o meno, deve rispondere.
La logica che il presidente "risponde al popolo", come vorrebbe far credere con i suoi messaggi live, è semplicemente falsa e fuorviante: un presidente, per quanto eletto direttamente, deve avere l'abilità di far approvare dalla maggioranza i provvedimenti che propone. Se non ci riesce significa semplicemente che non è capace.
Ancor di più quando, e lo abbiamo ricostruito in un precedente articolo, il "favore popolare" di cui vagheggia non supera il 18% degli elettori siciliani, sommando i voti di tutti i partiti che lo hanno sostenuto: quindi, di che stiamo parlando?
Che è successo con lo smacco della votazione per i delegati all'elezione del presidente della repubblica?
Semplice, come accade in tutte le democrazie parlamentari, forze consistenti della maggioranza hanno colto l'occasione per ricordare a Musumeci che non è un presidente sudamericano ma espressione di una maggioranza cui deve rendere conto: anche qui, piaccia o meno, funziona così e paventare "ricatti", insultare "scappati di casa" che pure lo hanno votato è stato volgare e irresponsabile.
Se Musumeci ha effettivamente subìto tentativi di condizionamento illecito, come ha sostenuto nella sua intemerata diretta, ha il dovere di denunciarli pubblicamente facendo nomi e cognomi, in caso contrario trasforma un incidente di percorso in esempio di pura cialtroneria.
Se avesse mantenuto un minimo di lucidità, dote indispensabile per un presidente di regione degno del ruolo, avrebbe dovuto solo inghiottire il rospo e lavorare al recupero piuttosto che lanciarsi lancia in resta contro chi gli ha consentito comunque di stare seduto su quella poltrona per questi pessimi 4 anni e mezzo.
E invece ha combinato un casino.
L'epilogo della vicenda adesso si è addirittura risolto con il rinvio dell'annunciato, minacciato "azzeramento della giunta": e da debacle diventa zimbello, con opposizioni scatenate e social invasi da commenti caustici.
Il danno di questa vicenda, che si somma ad oltre quattro anni di assoluto immobilismo, è enorme, aggravato dall'irresponsabile ulteriore rinvio dell'approvazione dell'esercizio provisorio che lascia una regione priva persino dei più elementari strumenti di spesa.
Non resta che provare a limitare i danni di questa indefinibile stagione politica, stringendo i denti sino alla fine della peggiore legislatura di tutti i tempi.
E dobbiamo scriverlo, a futura memoria: perché ogni commento è davvero inutile.
Leggi anche: