Se importanti associazioni contro le mafie
cominciano ad occuparsi delle università
qualcosa vorrà pur dire...
LIBERA nasce nel 1994 per intuizione di uno dei più autorevoli leader carismatici della lotta alla mafia ed alla corruzione in Italia, il fondatore del Gruppo Abele don Luigi Ciotti.
Riunisce oltre 300 associazioni che unite diventano vero e proprio cartello di lotta alle illegalità, potente strumento sui vari territori per restituire alla società civile spazi occupati dalle varie mafie, organizzate o politiche cjhe siano.
Oggi LIBERA lancia una nuova campagna su un terreno apparentemente inusitato: le università.
È probabilmente un cambio di pardigma, un salto di qualità ancora più visionario della classica lotta alle mafie sinora combattuta: LIBERA capisce che la vera guerra si combatte dove si formano le giovani generazioni.
Così il tema diventa la Trasparenza nelle università italiane, asfissiate da un sistema che è ormai più che feudale, spesso criminale e non di rado persino mafioso.
A Catania, inchieste penali a parte, una tale questione pare quasi beffarda: Catania è l'assurdo ateneo con un rettore, Francesco Priolo, tanto magnifico da non costituirsi parte civile nei processi contro i suoi baroni, che conferma imputati in ruoli apicali come nulla fosse e arriva alla tracotanza di secretare gli atti del consiglio di amministrazione e senato accademico.
ALTRO CHE TRASPARENZA, A CATANIA SIAMO NELL'IPERURANIO DELL'OPACITÅ...
Vediamo allora cosa scrivono da LIBERA:
"Concorsi pilotati, scambi di favori, ”bandi sartoriali”, abusi di discrezionalità tecnica nelle commissioni di concorso, titoli e pubblicazioni che non corrispondono a quelle richieste dal bando, elusione da parte degli atenei delle disposizioni del Piano anti corruzione in materia di sorteggio dei commissari.
Un caleidoscopio di illegalità, irregolarità e opacità che colorano le università italiane penalizzando spesso il merito a favore di una gestione familistica e personale.
In occasione della Giornata Internazionale contro la Corruzione Libera lancia una campagna nazionale per monitorare le università italiane dal titolo “ Esame da superare: la trasparenza”.
L'Università costituisce parte integrante del patrimonio culturale del nostro Paese, dove si coltiva la ricerca, si forma la classe dirigente e si trasmettono i saperi e i valori per far crescere il futuro.
Ma l'università è anche un contesto sensibile, in cui sono ravvisabili condotte opache e mancanza di integrità.
E' quindi importante promuovere azioni che conducano verso la trasparenza e la denuncia delle condotte illecite, valorizzando normative già esistenti.
Per questa ragione- commenta Libera- abbiamo pensato di attivare un'azione di monitoraggio civico da parte degli studenti, per chiedere quanto alcuni strumenti utili a superare l' "esame trasparenza" siano presenti, diffusi e conosciuti all'interno degli atenei.
Verrà chiesto di compilare un questionario (https://bit.ly/3osJBGG) attraverso il quale gli studenti potranno valutare quanto la propria università utilizzi pienamente gli strumenti predisposti dalla legge 190/2012 e seguenti, che guardano alla trasparenza non come semplice adempimento burocratico, ma come presupposto per generare attenzione, monitoraggio e quindi prevenzione di abusi e corruzione.
Le domande riguarderanno tre ambiti selezionati (piano anticorruzione, codice etico, Whistleblowing) che permetteranno di scattare una fotografia del “lato oscuro” degli atenei italiani.
Dal report “Monitoraggio conoscitivo sulla “esperienza della trasparenza” dell'Anac emerge come il rispetto della trasparenza da parte dell’accademia sia considerato necessario da parte da chi l’università la vive dall’interno e come fruitore.
Non a caso, tra tutte le amministrazioni, l'università risulta al primo posto in questa speciale classifica di “utilità percepita” della trasparenza ( la messa a disposizione di dati aperti utilizzabili e riutilizzabili da tutti).
Ciò che ancora funziona poco, collocando l’università all’ultimo posto è l’aggiornamento automatico dei dati, ossia la “standardizzazione dei flussi informativi”.
Significa che, soprattutto se parliamo di performance, pagamenti, informazioni su chi governa l’ente e enti controllati, l’università è il fanalino di coda tra tutte le Amministrazioni
Un quadro oggettivo e generale della percezione del fenomeno corruzione tra gli studenti universitari ed i neolaureati di ambito sanitario è stato fotografato da Small Working Group del SISM – Segretariato Italiano Studenti in Medicina – APS in collaborazione con Libera.
L’inchiesta ha coinvolto studenti e neolaureati in Medicina e Chirurgia, Odontoiatria e Professioni Sanitarie delle diverse università italiane.
Al questionario hanno risposto 1498 studenti.
Nonostante la maggior parte dei partecipanti all' indagine ritenga la corruzione un problema di entità grave (71,8%), il 10% del campione crede altresì che la corruzione sia accettabile quando non crea danno o quando è finalizzata al raggiungimento di un obiettivo.
Nell'indagine è stato chiesto agli intervistati quanto ritenessero diffusa la corruzione in ambito sanitario e in ambito universitario, in una scala da 1 (per niente) a 10 (completamente).
Rispetto al primo, se si sommano le risposte da 6 a 10 totalizzano il 91% delle risposte.
Rispetto alla diffusione in ambito universitario, se si sommano le risposte da 6 a 10 totalizzano l’80,7% del campione.
È interessante anche notare come nella corruzione in ambito universitario – per la quale presumibilmente le esperienze personali possono avere un peso maggiore rispetto alle aspettative nel formarsi delle opinioni – la somma dei due valori più pessimistici (9 e 10) sia pari al 31%, contro il 25% delle credenze di altissima diffusione della corruzione nel settore sanitario.
Agli studenti è stato altresì chiesto come valutassero l’impegno del proprio ateneo nella promozione della cultura della legalità, in una scala da 1 a 5.
Sommando i primi due livelli (quindi 1 e 2) si arriva al 62,3%, pari a 933 studenti, segno che non si ritiene sufficiente l’azione proattiva dell’università in questo campo: un segnale forte e chiaro di una richiesta di maggior impegno da parte delle istituzioni universitarie sui temi della lotta alla corruzione e alle altre forme di illegalità e criminalità organizzata.
Viceversa nel domandare quanto si ritenga importante parlare di corruzione all’interno del proprio corso di studi, l’81,3% lo ritiene fondamentale.
Lo sviluppo di percorsi formativi specifici sui temi della lotta alla corruzione e per la cultura della legalità – oggi assenti – nei diversi ambiti universitari potrebbe rappresentare infatti uno strumento potente per costruire efficaci presidi di legalità nel mondo delle professioni e nella futura classe dirigente.
L’esito del sondaggio dimostra l’incoraggiante sussistenza di una “domanda” di conoscenza da parte dei possibili destinatari."
Siamo curiosi di conoscere i risultati...
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