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Lo strano caso delle "mascherine" venete denunciate un anno fa e che adesso rispuntano in Sicilia

23-02-2021 07:00

Lucia Murabito

Cronaca, Inchieste, Focus, Sanità, asp, inchiesta, mascherine, grafica veneta, schermi filtranti,

Lo strano caso delle "mascherine" venete denunciate un anno fa e che adesso rispuntano in Sicilia

Torniamo con uno sconvolgente aggiornamento sul caso sollevato ieri...

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Ne abbiamo scritto ieri e dobbiamo subito tornarci perché abbiamo scoperto che è peggio di quello che si poteva immaginare.

 

Non sono mascherine e non proteggono da niente. Punto! 

 

Quelle che i volontari della Protezione CIvile distribuiscono presso il drive-in tamponi dell’ex-mercato ortofrutticolo a Catania non sono neanche mascherine.


Sarebbero solo pressoché inutili “schermi filtranti”, o meglio così le ha definite lo scorso anno il presidente della ditta produttrice a seguito delle accesissime polemiche dopo la loro distribuzione in Veneto.

 

Si badi bene: contestazioni e denunce esplose un anno fa, di rilevanza nazionale e di cui evidentemente in Sicilia non hanno tenuto alcun conto.

 

C'è proprio da capire perché e come sia possibile che una "Protezione Civile" possa distribuire materiale che non serve a niente e che, in aggravante, induce anche in errore chi la indossa che, magari non attrezzato a leggere le avvertenze che abbiamo letto noi, resta convinto che sia un presidio efficace.

 

Le mascherine che in questi giorni sono in distribuzione a Catania, infatti, sono di produzione della nota ditta Grafica Veneta spa, azienda dell’editoria che lo scorso aprile, in pieno lockdown, aveva riconvertito parte dell’impianto di stampa mettendosi a produrre queste "mascherine".

 

Il primo lotto prodotto, circa 2 milioni di “schermi filtranti”, era stato donato dalla ditta alla Regione Veneto, con tanto di conferenza stampa in pompa magna del governatore Zaia. 
 

“Un gesto di straordinaria generosità e altrettanta capacità di innovazione di processo e di prodotto” aveva detto Zaia ringraziando Fabio Franceschi presidente di Grafica Veneta e annunciando la “risposta veneta” alla carenza di mascherine, necessarie e introvabili in quel periodo storico di inizio pandemia.

 

In realtà se ne scoprì quasi immediatamente la loro assoluta inadeguatezza.


La polemica fu pazzesca e ne parlarono anche a Striscia la Notizia: il video di un farmacista che ne metteva in dubbio l’efficacia diventò virale e con la conferenza stampa nella quale Zaia tentò di dare risposte la pezza fu peggio del buco. Così come i comunicati stampa “chiarificatori” inviati dall’ufficio stampa di Grafica Veneta.

 

Basta citare questo passaggio di un’intervista realizzata il 19 marzo 2020 dal collega Tiziano Grottolo per “Il Dolomiti”

"Raggiunti al telefono l’ufficio stampa (di Grafica Veneta spa, ndr) ci tiene a sottolineare di aver sempre parlato di “schermi filtranti” appunto e mai di mascherine, piuttosto si tratterebbe di “dispositivi che proteggono nello scambio di saliva, coprono naso e bocca quindi si offrono uno schermo protettivo a chi le indossa”.

Per Grafica Veneta Spa si tratta di “una prima risposta all’esigenza della cittadinanza che chiede di essere meno in ansia quando va in giro perché a casa non ha la mascherina”. Quindi – domandiamo – l’effetto è più psicologico? “Sì perché poi comunque sei più schermato”. Alla domanda se il prodotto è stato testato specificatamente sul coronavirus, Grafica Veneta Spa risponde negativamente “siamo solo una stamperia, abbiamo risposto a un’esigenza, per essere più sicuri psicologicamente”.

Una mega trovata pubblicitaria alla Totò che tenta di vendere la fontana di Trevi insomma.

Che però si è ritorta contro il suo ideatore.


Tanto che questa vicenda degli schermi filtranti si meritò una serie di interpellanze in diversi comuni che decisero di acquistare da Grafica Veneta.

Come nel comune di Ferrara, con l’interrogazione a firma del gruppo misto, che sfociò poi in una interrogazione parlamentare a firma dei parlamentari PD Vincenzo D'Arienzo e Paola Boldrini. Nel testo si leggeva, tra l’altro: “La stessa Grafica veneta ha scritto sul suo sito che i test non sono stati conclusi, diversamente da quanto annunciato qualche giorno prima nella conferenza stampa di presentazione presso la sede della Protezione civile”.

Un prodotto, per dirla con le parole della Boldrini, “che non vanno considerate un presidio sanitario, che a nulla servono per la limitazione del contagio da Covid-19. Che sono prive di certificazioni e di cui non si ravvisa dunque nessuna comprovata utilità”.

 

La conclusione della vicenda pare chiara guardando sul sito di Grafica Veneta: gli schermi filtranti sono spariti dalla produzione.

Al loro posto in home page campeggiano le nuove mascherine chirurgiche, certificate CE e che possono “essere utilizzate anche da operatori sanitari”.

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Degli schermi filtranti invece nessuna traccia.

 

Insomma. Non sono mascherine. Non servono a niente.

Nessuno le ha più volute e la ditta non le ha più neanche prodotte ma a Catania le si continua a distribuire, inducendo tra l'altro in errore l’ignaro cittadino che indossandole è convinto di fare del bene a se stesso e di tutelare il prossimo.


Da dove vengono? Chi le ha comprate? Quanto ci sono costate?


Per di più le si distribuisce in un presidio sanitario d’emergenza quale è il drive-in tamponi e dove presto entrerà in funzione il mega hub per le vaccinazioni che a sentire il commissario per l’emergenza Covid per Catania Giuseppe Liberti sarà in grado di gestire un traffico di oltre 5.000 mila vaccinazioni al giorno.

 

Quindi queste "mascherine-non-mascherine" in tutta Italia le hanno respinte, persino denunciate e dove vanno a finire allegramente distribuite? 

In Sicilia, a Catania.

 

Ma possibile?

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