Forse pochi ricordano la telefonata del 6 aprile 2009 tra Francesco Piscitelli ed il cognato, Pierfrancesco Gagliardi, poche ore dopo che il terremoto aveva quasi raso al suolo l’Aquila.
Nella conversazione, intercettata, i due imprenditori ridevano congratulandosi l’un con l’altro per l’enorme quantità di danaro che avrebbero guadagnato con la ricostruzione della città.
Ovviamente nessuno dei due in quella occasione pensò al costo in vite umane del terremoto.
Covid-19: che succede?
I giornali dell’opposizione (La Verità, Il Giornale, Libero) scrivono ogni giorni di appalti e di acquisti di materiale sanitario la cui trasparenza è dubbia; certo qualcosa di vero deve pur esserci perché altrimenti le querele sarebbero fioccate e fioccherebbero a tonnellate.
Di spreco di pubblico danaro ce n’è stato sicuramente: un esempio i banchi a rotelle che non servono a nulla, mentre sarebbero stati utilissimi dei depuratori, da impiantare in ogni aula, depuratori che ricambiando almeno 250 metri cubi di aria al minuto, avrebbero limitato (e limiterebbero) di molto il contagio.
Non mi intendo di prezzi, ma credo siano non paragonabili a quello dei banchi. Così non volle però l’Azzolina.
In Sicilia è finito in manette il coordinatore dell’emergenza Covid, e con lui altre dieci persone; se "pecunia non olet", a puzzare di marcio sono questi personaggi squallidi.
Ma accanto alla truffa conclamata, non lasciamoci sfuggire la truffa per così dire legalizzata: chi assiste nelle strutture non pubbliche i malati di Covid?
Il personale è qualificato o solo all’arrembaggio?
Sta forse avvenendo qualcosa di simile alla delocalizzazione delle imprese in quei paesi dove la mano d’opera è a basso prezzo?
In quali tasche va a finire l’enorme quantità di danaro che lo Stato spende per curare i malati Covid?
E le strutture sono tutte fornite delle medicine e degli strumenti necessari a farlo?
Ecco delle belle domande alle quali, a tempo debito, chi di dovere dovrà fornire delle risposte; anche sui controlli effettuati.
Ho scritto diverse volte che non è il momento di fare polemiche perché i compito di tutti, specie di chi è del mestiere, è in questo momento collaborare affinché l’epidemia sia, se non debellata, almeno posta sotto controllo; ed ai malati vengano fornite le migliori cure possibili.
Nei miei quarantotto anni di laurea e di frequentazione delle corsie, credo di aver acquisito un minimo di esperienza.
E’ questa esperienza che mi spinge a fare due amare considerazioni: la prima è la scarsissima preparazione dei neolaureati, anche di quelli laureati cum laude (signori della corte, ho le prove!); la seconda è la scarsa attenzione che si presta agli anziani, che vengono sballottati da una struttura all’altra, spesso con terapie non appropriate, quasi che fossero da rottamare.
Non era così negli anni passati, e senza voler incarnare il Pius Aeneas, ritengo che i nostri anziani meritino il massimo rispetto non solo perché un tempo anche loro furono giovani donne e uomini, ma perché proprio a loro, quando giovani, dobbiamo la ricostruzione dell’Italia nel dopoguerra: l’Italia dei cui benefici abbiamo fruito sino a non molto tempo fa.
Sulla scuola di medicina, che andrebbe, come nei paesi più evoluti, scorporata dall’università, c’è molto da dire: modesta preparazione teorica degli studenti e per lo più su argomenti irrilevanti ai fini della pratica medica, (sanno tutto dei recettori, ma non sanno fare i dottori!); nulla preparazione pratica (i tirocini pratici telematici…).
Ampia facoltà di prova.
Nella locale scuola di medicina c’è molto da rottamare in maniera definitiva; e siccome non è giusto fare di tutta l’erba un fascio, mi preme affermare che ci sono bravissimi docenti, in particolare nelle specialistiche, che di certo contribuirebbero a riportare ad un ottimo livello la medicina locale; docenti che stimo e apprezzo.
Ma questo è un altro discorso che comunque va affrontato rapidamente: perché i vecchi medici diventano sempre più vecchi e presto non potranno essere più utili alla comunità.
L’Assessore Avvocato Razza lo tenga bene in mente, e scorpori la politica dalla realtà clinica!
Concludo augurando a tutti i lettori un felice anno nuovo; ed augurandomi che collaborino a rendere migliore questa società malata.
Mi torna sempre in mente la scritta nell’Aula di Anatomia di Palazzo Ingrassia: Ex morte (l’anno che è passato ) vita (il nuovo ).
Nuovamente auguri.